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Ricciotti Garibaldi
e la sua attività di partigiano a Sant’Elia
Fiumerapido
Forse un nesso con l’eccidio di Collelungo di Vallerotonda?
di
Giovanni Petrucci
Il pomeriggio del
7 dicembre 1943 due soli soldati tedeschi, tenendo all’estremità una
motosega lunga oltre due metri, tagliarono tutte le viti e gli olmi
dei terreni, retrostanti il cimitero, di zi’ Maria e di Raffaele, ad
ovest di S. Elia Fiumerapido; l’indomani passarono agli oliveti dei
Marzoni, ma una gragnuola di granate li fece fuggire via: si disse
in giro che l’ing. De Martino, nome di battaglia del partigiano
Ricciotti Garibaldi1, con la sua ricetrasmittente aveva avvertito
gli artiglieri alleati di Acquafondata.
Gli avevano costruito un ricovero a Campo di Manno, di fronte alle
ultime case rivolte verso Valvori; di qui egli poteva scendere non
visto alle gallerie e trattenersi con il Dott. Ferdinando Arpino2,
con il signor Ferrante, con Renato e il fratello Alfredo Petrucci,
Titino Iucci e con altri compaesani che erano in grado di riferire
sui combattimenti che si svolgevano in pianura e specialmente nella
Valle del Rapido. Aveva installato nel suo ricovero le
apparecchiature mimetizzando l’entrata tra gli alberi. Portava il
borsalino e vestiva calzoni alla zuava. A volte scompariva nel
nulla, per tornare sempre più forte con la sua audacia e le sue
idee; si spostava in altri luoghi che gli indicavano gli amici
santeliani al di qua della linea Gustav; di tanto in tanto
arrivavano per sentieri nascosti altri partigiani ed allora tutti si
appartavano nella grotta. La sua capanna era divenuta il punto di
riferimento specie per i soldati italiani sbandati provenienti dal
nord e per i disertori tedeschi fra i soldati arruolati nell’Europa
occupata.
Spesso si vedeva insieme con due giovani aitanti come lui, uno dei
quali chiamato Raul. Non si contentava delle semplici informazioni,
ma girava anche da solo nelle campagne per vedere direttamente3
quanto si diceva e manteneva stretti contatti con gli
Anglo-americani. I Santeliani facevano a gara per portargli
informazioni e da mangiare4.
Il Comando tedesco di Valvori aveva intuito qualcosa e un giorno di
dicembre si fece vedere il Maggiore alla seconda galleria: tenne un
discorso piuttosto minaccioso agli sfollati, adombrando il pericolo
che poteva incombere sulla popolazione civile se veniva scoperto
qualche fatto sicuro: che la ricetrasmittente che i tedeschi
cercavano ansiosamente era proprio quella di Ricciotti Garibaldi?5. |
Ricciotti Garibaldi6 nacque a Roma nel 1881 da
Ricciotti e Da Costanza Hopcraft e lì morì nel 1951; quindi era
nipote di Giuseppe Garibaldi. La sua vita fu sempre improntata a
nobili ispirazioni garibaldine, soprattutto all’amore per la libertà
e per l’Italia cui votare la vita. Nutrito da alti ideali
risorgimentali, nel 1912 prese parte a Drisco e a Jannina, insieme
con il padre Ricciotti, con i fratelli Bruno e Costante e migliaia
di Garibaldini, alla lotta per difendere la libertà dei Greci contro
i Turchi. Pur aderendo alle prime euforie fasciste, se ne staccò
quando comprese la natura che informava il Regime ed espatriò a
Parigi, dove visse dedicandosi agli affari, senza mai trascurare di
tenere vivi i rapporti con l’ambiente antifascista, come con il
deputato socialista Tito Zaniboni; pur avendo grande successo con le
donne, non pensò mai di mettere su famiglia, perché riteneva di
vivere in difficoltà economiche.
Agli inizi del 1926 rimase coinvolto in un fastidioso processo e
successivamente incolpato di un attentato al Duce.
Risultò veritiero invece l’incontro con tre anarchici, Moschi,
Diotiallevi e Fantozzi, che convinse a tramare contro il Fascismo e
ad uccidere Mussolini. Il piano fu sventato e Ricciotti, grazie
all’intervento del santeliano Antonio Petrucci, fu semplicemente
espulso dalla Francia.
Dopo l’8 settembre 1943, approfittando della generale confusione
regnante in Italia, si recò a Napoli pensando di potere incontrare
Badoglio.
Gli albori della libertà lo elettrizzarono e, nell’attesa del grande
avvenire per l’Italia con la liberazione dal fascismo e dai
Tedeschi, non esitò a denunciare il fratello Ezio agli Inglesi,
perché nel passato aveva mostrato un atteggiamento che poteva
apparire condiscendenza per il Regime; perciò questi fu internato
nella certosa di Padula.
Si mise in contatto con l’alto Comando Americano che gli affidò il
pericoloso incarico di informatore di quanto accadeva lungo la linea
Gustav, attingendo notizie direttamente sul suolo invaso dai
Tedeschi; ed egli si recò alle Gallerie di Sant’Elia Fiumerapido,
dove era sfollata tanta parte della popolazione e qui rimase con
grande coraggio a poca distanza dal Comando tedesco di Valvori, dal
mese di novembre 1943 fino al bombardamento di Montecassino del 15
febbraio 1944. |
Lettera che Ricciotti Garibaldi
scrisse al dott. Arpino il 15 marzo 1944 e recapitatagli nel mese di
giugno, al rientro dallo sfollamento: «Edizioni Garibaldine, Centro
Culturale di Storia Garibaldina diretto da Ricciotti Garibaldi -
Piazzale Maresciallo Giardino, 1 Roma.
“Ill.mo dott. Ferdinando Arpino
Sant’Elia Fiumerapido, vicino Cassino.
Napoli, 14 marzo 1944
Carissimo dottore,
come dimenticare lei e la sua famiglia dopo tutte le cortesie
usatemi? Ho saputo da suo figlio la terribile odissea degli abitanti
la galleria.
Mi dispiace non aver potuto essere presente. Forse avrei potuto
intervenire, ma non mi è possibile essere dove vorrei.
Ho tanto ricordo caro del mio soggiorno nella Valle del Rapido, che
mi considero anche io membro della comunità.
Io sono a letto con una nefrite, almeno così la classifica il
dottore di qua e debbo stare a letto al caldo. Egli dice che è causa
dello strapazzo subito. Brutta cosa diventare vecchi: in altro tempo
il mio fisico rispondeva meglio anche in condizioni peggiori!
Ma pazienza! È nostro dovere lottare.
[ ... ]
Ho saputo anche la disgrazia del buon *: egli vorrebbe venire al
fuoco con me, ma come fare… quando impera la fifa. Dovrei fargli
fare delle iniezioni di coraggio ogni cinque minuti, e ciò non è
possibile.
In ogni caso, se il tempo me lo permette, vedrò di trovargli un
lavoro.
Per una nostra chiacchierata, io sono a Napoli fino a martedì
prossimo e poi raggiungo la linea del fuoco con un forte gruppo dei
miei. È un principio, ma non è quello che desideravo.
Se viene prima, sarò tanto felice di averla con me mio ospite per
tutto il tempo che vuole; qui sono ospite degli Americani, che hanno
messo a mia disposizione un appartamento.
Mi ricordi alla famiglia Ferrante, di cui ricordo la coraggiosa
Signora [Giulia], alla famiglia Iucci [Titino] e Ptrucci [Renato e
Alfredo].
Presenti i miei omaggi alla sua gentile signora, alla signorina
Maria, che ha campo in mezzo ai Marocchini di studiare le malattie
tropicali, a tutto il resto della famiglia.
Di lei conserverò sempre un ricordo affettuoso non solamente per le
cure e la simpatia che mi ha dimostrato, ma anche per il suo
valoroso e disinteressato apostolato in mezzo alle cannonate della
Valle del Rapido.
Sempre suo
Ricciotti Garibaldi” |
1 Vd. scheda biografica alle pagg. seguenti.
2 Riportiamo a parte una lettera che Ricciotti Garibaldi scrisse al
dott. Arpino il 15 marzo 1944 e recapitatagli nel mese di giugno, al
rientro dallo sfollamento.
3 Di quanto sopra do testimonianza, in quanto una mattina della fine
di dicembre si aggirava nei pressi della nostra capanna sotto S.
Martino un signore rispondente alla descrizione succintamente
delineata, che si informò dettagliatamente sui Tedeschi; notando una
strana festa che regnava nelle nostre famiglie, perché Gregorio
aveva mattato una pecora, ci chiese della carne che pagò con una
moneta tolta da un abbondante fascio; poi chiese una semplice tazza
di acqua calda, nella quale fece cadere non so che e bevve
l’intruglio. Il suo aspetto olivastro e il fare deciso destavano
curiosità e gli giravo intorno; quando vidi nella tasca dei calzoni
l’impugnatura di una pistola nera, mi spaventai e scappai via.
4 Al rientro dallo sfollamento gli abitanti del luogo andarono a
vedere che cosa era rimasto di lui; Enzo Rodi conserva ancora oggi
gelosamente quanto trovò: Letture Spirituali sulla vita di Gesù e
Maria, Venezia 1881; Storia d’Italia di Carlo Botta, continuata da
quella del Guicciardini sino al 1870, Lugano, Tip. G. Ruggia e C,
1832, MCCCXXXII, tomo quinto, tomo sesto e tomo ottavo; Orlando
Furioso; Guerrin Meschino.
5 Jadecola Costantino, Linea Gustav, Sora, 1994, p. 129: “A
Vallerotonda, i tedeschi vanno invano alla ricerca di una radio
trasmittente con la quale due ufficiali paracadutisti americani
forniscono informazioni sulle difese nemiche di monte Santa Croce,
San Martino e San Michele. Le montagne vengono letteralmente
setacciate... ”.
6 Da Anita Garibaldi, Nate dal mare. Le donne di Garibaldi: Anita,
Costanza e Speranza, Il Saggiatore, Milano 2003. |
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