Marco Mazzaroppi
Pittore di San Germano (1550-1620)
I due soli biografi di Marco Mazzaroppi non sono prodighi di notizie specie per quanto riguarda le sue opere. Sappiamo che “diede la prima aura di luce, circa l’anno 1550” in San Germano (Cassino) e poiche’ “suo padre serviva da cameriere il P. Abate di Montecassino D. Angelo de Faggis” pote’ compiere i primi studi nel celebre monastero. Qui per il suo “estro singolare, ben per tempo spiego’ la sua predilezione per l’arte del disegno” per cui – e la biografia si colora dell’immancabile aneddoto – ebbe il primo impatto con la pittura “sotto di un celebre pittore (di cui ignorasi il nome), ch’era stato cola’ chiamato da quei religiosi, ad eseguire alcuni lavori”. Allora il de Faggis intui’ “l’indole del fanciullo capace di grandi cose, e a sue spese lo spedi’ in Roma, onde si perfezionasse nella matita e nella vera armonia de’ colori”.A Roma studio’ le “opere di Raffaello, e di altri illustri artisti” (Grossi). Poi “ando’ per la Fiandra, ed in molti luoghi d’Italia osservando i piu’ valenti Professori della Pittura; indi tornato a Roma fece belle pitture per vari particolari, e per altre occasioni” (De Dominici). Verso il 1594 venne “richiamato dai monaci di Montecassino, per farvi alcuni quadri” e a quella data “tolse per moglie Lucrezia Di Vito sua concittadina” dalla quale non ebbe figli. Non avendo quindi eredi alla sua morte, avvenuta a San Germano il 1620, i suoi beni furono destinati all’istituzione di un “Monistero di Monache Claustrali”. Queste le poche notizie biografiche, ma ancor meno quelle relative alle sue opere. Ambedue i biografi accennano a un “quadro” nella chiesa dei Cappuccini di San Germano particolarmente lodato dal Solimena di cui pero’ non si descrive il soggetto e che ando’ distrutto nell’incendio del 1799. Il Grossi, genericamente, ricorda altri “quadri molto belli”, che si trovavano “nella parrocchiale Chiesa di S. Andrea della Badia Cassinese, pel disegno esatto, per la freschezza del colorito, per le mosse naturali, ed espressive, per gli volti bellissimi, e pel bel partito delle pieghe dei vestimenti”. inoltre – unico di cui si da` il soggetto – un “ritratto di S. Amasio” nell’omonima “rural Cappella in Piedimonte S. Germano”.Tutto qui da parte dei biografi. Invece, attraverso la “descrizione” del monastero tracciata dal Della Marra, conosciamo tutte, o quasi, le opere del Mazzaroppi eseguite a Montecassino. Nelle navate laterali della basilica cassinese vi erano due “quadri” che rappresentavano “il martirio di San Andrea Apostolo” e “tutti li Fondatori delle Religioni, cui e` capo il Patriarca S. Benedetto”. Nelle cappelle laterali della basilica: “S. Gregorio in orazione genuflesso innanzi alla beata Vergine, che tiene il bambino in seno con la colomba sopra il capo’ e il “S. Benedetto, e S. Scolastica in piedi”. Nel sito della prima abitazione del santo presso l’antica torre “un quadro della Beata Vergine, che mostra il Salvatore a S. Benedetto”. Nelle stanze del santo: “il martirio di S. Placido, e compagni… L’invenzione della croce fatta da S. Elena… Un S. Benedetto orante avanti un crocefisso… Una Beata Vergine in gloria con S. Benedetto, e S. Scolastica in piedi… S. Mauro, che libera S. Placido caduto nel lago”. Poi ancora nella seconda e terza stanza altri 6: “S. Germano, e S. Placido seduti… Un ovato con mezza figura di S. Benedetto… Il martirio di S. Placido, e compagni… Un S. Benedetto mezza figura… Una Madonna col Bambino che prende la regola dalle mani di S. Benedetto, con S. Giovanni Battista, S. Scolastica, e S. Michele Arcangelo” pittura su rame e “la nascita di N.S.”. Il numero rilevante di opere del Mazzaroppi a Montecassino dimostra come egli abbia veramente lavorato molto per quei monaci come i suoi biografi mettono in evidenza. Nella seconda meta’ dell’800 buona parte dei “quadri” della tre stanze di S. Benedetto erano segnalati come non piu’ esistenti nel monastero ed erano rimasti soltanto i due martirii di S. Placido, la beata Vergine in gloria, il S. Mauro e il S. Germano con S. Placido seduti. E la mancanza di essi secondo il Caravita era dovuta alle spoliazioni operate durante l’occupazione francese. Nella basilica erano ricordati il Martirio di S. Andrea, il S. Gregorio in orazione e i SS. Benedetto e Scolastica in piedi; i primi due c’erano ancora nel 1928. Oggi – dopo la distruzione del secondo conflitto mondiale – nell’Abbazia sono superstiti solo 4 quadri e la pittura su rame che pure, quest’ultima con un altro, erano dati per mancanti nel 1870-79. Dei 4 quadri l’uno rappresenta una Madonna seduta, col bambino sul ginocchio e davanti S. Benedetto genuflesso che indica il monastero cassinese che – se la descrizione del Della Marra e` completa – potrebbe forse identificarsi con la “Beata Vergine, che mostra il Salvatore a S. Benedetto” esistente allora nel sito della prima abitazione del santo (salvo che si tratti di provenienza esterna all’Abbazia). Un altro raffigurante la Vergine in gloria con S. Benedetto e S. Scolastica in piedi (soggetto ricordato come esistente nella prima stanza di S. Benedetto dal Della Marra) e` talmente lontano dallo stile e dalla qualita` del Mazzaroppi da far pensare ad un totale e pessimo ritocco del quadro oppure ad una copia. Gli ultimi due sono la Vergine col bambino e i SS. Benedetto e Scolastica e il S. Benedetto orante davanti al crocefisso. Marco Mazzaroppi e` uno di quegli artisti finora relegati nel dimenticatoio ma, per fortuna, ora l’attenzione si sta focalizzando su di lui, come, da alcuni anni, anche su tanti altri c. d. secondari. La presenza della tavola ad olio con la Pentecoste della parrocchiale di Esperia Superiore nella mostra delle opere restaurate del Lazio tenuta a Roma (Palazzo Barberini) ha dato modo a Roberto Cannata` di preparare una scheda – riportata nel relativo catalogo a stampa – praticamente dedicata al Mazzaroppi. Quello che colpisce e` il gran numero di opere non cassinesi che vengono attribuite al nostro pittore, e il metodo usato. Il Cannata` lascia intendere che partendo da un’unica opera, la Madonna con bambino sul ginocchio e davanti S. Benedetto, ne trova una seconda da attribuire e, dal confronto di quest’ultima, una terza e cosi` via, con uno sviluppo a catena anziche`, per esempio a raggiera. E talvolta lascia perplessi la sicurezza delle attribuzioni, considerando anche globalmente il limitatissimo numero di opere sicure disponibili come partenza (per quanto mi risulta solo le tre di Montecassino di cui una poco utile per le ragioni sopra esposte). L’impressione e` che si cada da un eccesso all’altro: sembra quasi che molte delle opere locali databili tra il 500 e il 600, che non trovano una precisa collocazione, possono ora sperare nella inattesa riscoperta di Marco Mazzaroppi. Si vorrebbe risolvere in modo radicale un ingarbugliato vuoto storico-artistico? Ma lo stesso Cannata` preannuncia un prossimo saggio completamente dedicato al pittore che potra` chiarire i molti dubbi sicuramente dovuti alla fugace e relativa occasione della mostra. Mi preme pero` mettere in discussione l’attribuzione degli affreschi della “Canonica” di Pontecorvo, staccati dai ruderi pericolanti, ora in restauro presso la competente Soprintendenza a Roma. Essi rappresentano, nel riquadro centrale incavato l’Immacolata Concezione tra i SS. Pietro e Paolo chiuso tra due fasce con simboli musicali ed ecclesiastici, in alto nella lunetta due angeli-putti con la colomba dello Spirito Santo, al colmo dell’intradosso dell’arco l’Eterno benedicente e ai lati la cacciata dall’Eden e contrapposta la cacciata degli angeli ribelli, quindi S. Giovanni Battista e la Madonna in piedi. Nello stile del Mazzaroppi due punti risultano fermi: l’uno, che trova d’accordo tutti, lo vuole “naturale e vivace quasi sul far dei Fiamminghi”; l’altro e` evidenziato dal tentativo di riporre delicati motivi raffaelleschi che trova conferma anche nella biografia del Grossi. Nelle pitture di Pontecorvo non mi pare si possano ravvisare questi caratteri; il taglio netto e delicato dei contorni nei due quadri di Montecassino e` qui sopraffatto dalla volonta` di dare ai singoli soggetti un atteggiamento monumentale. L’aspetto vigoroso di questi personaggi e` esaltato dal tratto frenetico e fugace – che poi e` proprio della tecnica ad affresco – a differenza di quelli del Mazzaroppi dove la chiarezza delle immagini e` conseguenza di meditazione e cura. l’atmosfera serena e trasognata delle scene cassinesi qui manca; si nota, nella stessa scelta del soggetto – come per esempio nella cacciata degli angeli ribelli – e nell’atteggiarsi delle singole figure, la continua ricerca del movimento che pero` non raggiunge mai eccezionali livelli di naturalezza. La varieta` di forti tensioni interiori si estrinseca persino nell’attonimento delle due figure laterali, il S. Giovanni e la Maddalena, col tentativo di concretizzare un’espressione di languida ed estatica drammaticita`. Insomma il dramma umano qui, nelle pitture di Pontecorvo, e` tema predominante, cosa che sembra mancare nelle opere del Mazzaroppi il quale non va oltre una diffusa e malinconica tristezza. Si ha chiara l’impressione di trovarsi davanti due diversi artisti. C’e` poi un problema propriamente tecnico di cui va tenuto conto: le opere del Mazzaroppi sono sempre ricordate come “quadri” e come tali dovrebbero considerarsi (quelli scomparsi) visto che le dimensioni tramandateci non sono mai tali da giustificare la superficie d’un affresco. Lo stesso Cannata`, a parte la “Canonica”, non gli attribuisce alcuna pittura ad affresco. Dovremmo, per ora, considerare la “Canonica” l’unica opera murale del Mazzaroppi?
La presenza di un graffito sull’intonaco, nell’estremita` inferiore destra della nicchia centrale, riporta la data del 1589 (ossa sub veteri altare / reperta / hic ad tempus sub terra / condita / AN. D. MDLXXXIX). Due sono le prospettive di interpretazione dell’iscrizione, o che annoti un fatto contemporaneo all’esecuzione dell’affresco o che sia la trascrizione di una preesistente. Un documento citato dal De Bernardis (l. c.) farebbe pensare alla prima ipotesi e in tal caso datare la pittura al 1589 (dopo il 20 luglio). Se cosi` fosse l’autore non potrebbe essere il Mazzaroppi giacche’ egli venne a lavorare in zona solo piu` tardi (“nell’anno 1594 si restitui` in S. Germano”: Grossi) e comunque “fiori` nel 1590” (De Dominici). Per concludere, la lunga tradizione che vuole le pitture di Pontecorvo opera del Cavalier d’Arpino se opportunamente e ragionevolmente ridimensionata potrebbe forse essere riproposta. Inoltre, al di la` delle precedenti considerazioni di carattere cronologico, non sarebbe male tirare nel discorso Giacomo Manecchia, pittore allievo e compagno del Mazzaroppi, forse di Piedimonte Sangermano, le cui opere erano ammirate “per la felicita` del pennello”, per la facilita` del componimento, per la nobilta` delle mosse, per la ricchezza dei vestimenti, e pei belli episodi; ma vi si osserva dall’altra parte una certa languidezza” (Grossi).
da “LAZIO SUD” n. 29 anno 1982 – Angelo Nicosia –
Marco Mazzaroppi
Marco Mazzaroppi
Pittore di San Germano (1550-1620)
La presenza di un graffito sull’intonaco, nell’estremita` inferiore destra della nicchia centrale, riporta la data del 1589 (ossa sub veteri altare / reperta / hic ad tempus sub terra / condita / AN. D. MDLXXXIX). Due sono le prospettive di interpretazione dell’iscrizione, o che annoti un fatto contemporaneo all’esecuzione dell’affresco o che sia la trascrizione di una preesistente. Un documento citato dal De Bernardis (l. c.) farebbe pensare alla prima ipotesi e in tal caso datare la pittura al 1589 (dopo il 20 luglio). Se cosi` fosse l’autore non potrebbe essere il Mazzaroppi giacche’ egli venne a lavorare in zona solo piu` tardi (“nell’anno 1594 si restitui` in S. Germano”: Grossi) e comunque “fiori` nel 1590” (De Dominici). Per concludere, la lunga tradizione che vuole le pitture di Pontecorvo opera del Cavalier d’Arpino se opportunamente e ragionevolmente ridimensionata potrebbe forse essere riproposta. Inoltre, al di la` delle precedenti considerazioni di carattere cronologico, non sarebbe male tirare nel discorso Giacomo Manecchia, pittore allievo e compagno del Mazzaroppi, forse di Piedimonte Sangermano, le cui opere erano ammirate “per la felicita` del pennello”, per la facilita` del componimento, per la nobilta` delle mosse, per la ricchezza dei vestimenti, e pei belli episodi; ma vi si osserva dall’altra parte una certa languidezza” (Grossi).
da “LAZIO SUD” n. 29 anno 1982 – Angelo Nicosia –
S.Banedetto raccomanda Montecassino
S.Banedetto e S.Scolastica
S.Banedetto in preghiera